L’AUTORE
Davide Sorbi è nato e cresciuto a Gova di Villa Minozzo, nel cuore dell’Appennino reggiano, dove vive tuttora. Ha maturato esperienze lavorative variegate: barista e barman in locali della pianura e prestigiosi hotel a Cervia e Madonna di Campiglio, commerciante di abbigliamento e, infine, autista di corriere di linea e pullman per viaggi internazionali.
“Erte Cime” è la sua opera prima. Davide è fatto così: quando l’ispirazione lo colpisce, deve scrivere, senza freni, guidato da un impulso naturale, irrefrenabile, come un ruscello che non può arrestarsi. Nel libro, il poeta esprime spesso il desiderio di raggiungere le vette del Cusna e del Prampa, a piedi, con gli sci o la slitta, poco importa. Quelle cime diventano simboli, metafore dell’esistenza, lasciando al lettore la libertà di interpretarle e farle proprie.
IL PRIMO AMOR SI SCORDA ECCOME…..
A tutti prima o poi sarà successo
di avere sedicianni ed una moto,
specchiarsi grandi allora sa d’ignoto…
di zucchero l’ardor che non vi è adesso..!
Del primo pelo a radersi si è all’ovra
e un ciuffo fier si tiene in quanto cresce,
virile il gioco al femminil si mesce
finché d’amor t’avvinghia dolce piovra..!
Due anni più di me… era una donna
io ancora un bimbo ai vezzi di una tata,
con nari in sua maglietta profumata
io mi sentivo in braccio alla Madonna..!!!
Qual galeon superbo a gonfie vele
fremevo come sa vibrare un’arpa,
due volti uniti nella stessa sciarpa…
quant’era bello il tempo delle mele..!!!
La seppi conquistar coi versi miei:
la spada che da sempre mi è compagna,
mi disse: “Se la guancia mi si bagna
resistere non posso ai tuoi “vorrei”..!”
Credevo di ghermir leggiadre alcove
tra quei capelli biondi ed occhi grandi,
ma l’illusion fuggì, tra pianti blandi…
l’amore era per me di turno altrove..!
E qualche tempo fa inciampai la corda,
il laccio di quel breve incanto spento…
rivivo idìllio e tutto mi rammento
ma lei ritrovo… e nulla si ricorda..!
Appena, appena sa dire il mio nome
tra enormi pieghe d’omertà sgualcita,
imparo che fu triste la sua vita…
un empio mar d’ingrate onde indome..!
Se penso a quanti teneri momenti
soltanto il cielo ci fu spettatore,
so che voluto avrebbe il vero Amore…
so che voluto avrebbe un “altrimenti”..!
Ma l’astro d’ambra della buona sorte
mai le fu lieto, mai… quanto a me ora,
le posso solo dir che m’addolora
il suo mai valicar desiàte porte..!
A volte non so quel che ho fatto ieri
ma mente a lungo termine m’è schietta,
giammai mi scorderò la sua maglietta
aulente… pur di soffici pensieri..!
Non ho più pelo matto, ora ho la barba
ancor più arranca a dir “chi sono io”…
la lascio ai tristi inganni dell’oblio
dei miei tesor s’allieta… e ciò mi garba..!
Ma due parole dir vorrei poterle
pel fatto che mi fu il primiero cigno:
“Le tue memorie salva in uno scrigno
che siano belle o men… tutte son perle..!!!”
Davide Sorbi
IL PONTE SULLA FRANA DI VALORIA
Col tempo in tasca mia finestra esclama
d’orgoglio: “Guarda qua… faccio cornice
a un’opera che a verbo non si dice…
tant’è monumentale il panorama..!
È un quadro che ogni dì stupor m’arreca
e m’alza il guardo pur se ‘l tengo basso…
somiglia a un’invenzione di Picasso
sottratta a chissà qual pinacoteca..!
Alchè mia sveglia trilla, quell’arpìa…
spalanco l’ante a modenese sponda,
giacché mi chiamo Davide… la fionda
la tendo ad improbabile Golia..!
Ma quel Golia non è il gigante amato
che un uom supino pare e giace eterno,
non è così romantico… è moderno
e il pastorello lascia senza fiato..!
Per farla breve (tanto non ci riesco)
sto qua a parlar del ponte di Valoria…
e non ricordo ai vanti della storia
in appennino un tale odor d’Unesco..!
Un giorno un monte disse: “Al fiume vado
a rinfrescar mie pallide criniere,
ho solo boschi e strette mulattiere…
che importa se ne faccio un nuovo guado..?
Non credo poi di fare gran disastro…
sol tengo zone brulle e gente rada,
avran pazienza utenti della strada…
son zuppo e non mi reggo nell’incastro..!”
Si percorreva su indecente suolo
la Romanor-Farneta tangenziale…
finché montagna ne tranciò un parziale
per pasturar d’asfalto trote al Dolo..!
A tanti causa fu di strano guaio…
e parlo del terren dei possidenti:
spostò legnam, poderi e pur armenti…
di grande rogitar si fè notaio..!
Miracolati fùr due casolari
dal gran sciacquon a manca e pur a destra…
chi dice che la sorte è ognor maldestra
il libro del destin rilegga e impari..!
Turista estivo dice: “Guèrda ac pònt…”
un selfie ed or può proseguire oltre…
ma un monte che dà scivolo a sua coltre…
lo paragono al tragico Vajont..!!!
Su strada comunal cotanto ponte…
non è notizia di normale giorno,
ma il miser piatto avè sì gran “contorno”
da risanar le naturali onte..!
Centosessanta metri di strabalzo…
niùn passava più senza volare…
magia ci fu… or si può camminare
egual Gesù sull’acque a piede scalzo..!!!
A opposti campanil rigiunto ha il tetto
tant’è opra perfetta… e in nulla sbava,
in tal confronto il sommo Calatrava
calarsi deve al pari di Geppetto..!!!
Vi dico al fin, se ancor qualcuno legge
che malta è ferma… e si veste di verde,
del monte la ferita il bosco sperde…
or ride il pastorello e tutto il gregge..!
Mi sa che frane mai avran pietanza,
Natura val ben più d’umano ingegno…
e sempre noi saremo a pagar pegno…
ai posteri lasciam ardua… speranza..!!!
Davide Sorbi